VERBANIA – 13.05.2017 – Polemiche, proteste
(anche al Consiglio comunale d’insediamento), manifestazioni, accuse e denunce. Nell’estate del 2014, la prima della giunta guidata da Silvia Marchionini, quello del canile di Verbania e della sua gestione fu un vero e proprio “caso”. Ma non ci fu alcun illecito penale.
A accertarlo, dopo l’archiviazione (il 26 agosto 2015) di un primo fascicolo, è stata nei giorni scorsi il gip del tribunale di Verbania Beatrice Alesci, che ha archiviato un secondo procedimento innescato dagli atti estrapolati da un terzo fascicolo.
Il reato ipotizzato nella querela sporta contro il Comune dall’avvocato Loredana Brizio e dall’ingegner Mario Grippa, presidente e vice dell’associazione “Amici degli animali”, era la turbativa d’asta, il reato di chi “con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti”. Gli indagati erano il sindaco Marchionini e il dirigente comunale Vittorio Brignardello, le cui posizioni sono state entrambe archiviate. Analoga sorte aveva avuto una prima querela per lo stesso reato ma anche per falso ideologico, maltrattamento di animali e abuso d’ufficio.
Il dissidio nasce nelle ultime settimane di reggenza del commissario Michele Mazza, in piena campagna elettorale. Dopo aver visto andare deserta la gara per il canile e prorogato i gestori in carica (gli “Amici degli animali”) il dirigente municipale di sua iniziativa contatta la cooperativa Adigest che, ai tempi dell’appalto aveva mostrato interesse senza partecipare. Sussistendo le condizioni per una trattativa diretta – un accordo alle stesse condizioni del bando, o migliori per l’ente – la procedura accelera e Adigest entra nel canile in attesa di firmare il contratto. Scoppia la protesta, gli “Amici degli animali” contestano la procedura, Adigest chiede chiarimenti sulle cifre di un bando definito dall’allora segretario comunale, ascoltato dalla Procura, “con un capitolato lacunoso” (il suo successore parlerà anche del mancato deposito della cauzione previsto dalla norma); partono le prime denunce e Adgest si ritira a fine 2014, rifiutandosi di firmare il contratto.
Nessuno tra i testimoni sentiti ha mai riferito di pressioni, minacce o favori chiesti o offerti per favorire Adigest. Il solo Marco Campili, referente di Adigest, ha dichiarato di aver rinunciato al contratto perché, anziché 7,50 euro a cane al giorno, il Comune gliene offriva 5 oltre alla cifra fissa del bando. Questa affermazione, ribadita in un’altra testimonianza resa per un’indagine di diffamazione, è stata colta da Brizio come occasione per presentare un’integrazione di querela ritenendo che tali condizioni non fossero inserite nel bando.
Il pm ha chiesto l’archiviazione, i querelanti si sono opposti e il giudice è stato netto e categorico nel ribadire che le indagini hanno chiarito ogni aspetto e che il reato non sussiste.
La sentenza è accolta positivamente dall’Amministrazione comunale, che in una nota, esprimendo la “la speranza che si chiudano definitivamente le polemiche pretestuose su questa vicenda”, sottolinea “la corretta procedura seguita dall’Amministrazione comunale di Verbania sulla vicenda del canile municipale”. Per dovere di cronaca va detto che la magistratura penale non è entrata – non ne ha competenza – nel merito delle procedure, che sarebbero state valutate dal Tar qualora gli “Amici degli animali” vi avessero ricorso; ma ha solo stabilito, con molta chiarezza, che nessun politico o dirigente turbò la gara comettendo reato.